Oggi finisce qualcosa di grande. Dopo anni di compiti, corse all’ultimo minuto, interrogazioni, risate e notti a studiare, posso dire che sono arrivata alla fine. Sono “matura”. Una parola che fino a poco tempo fa sembrava solo il nome di un esame, ma che ora ha un peso completamente diverso. Questi ultimi mesi non sono stati facili. A volte la vita cambia all’improvviso, senza preavviso. Alcune persone si allontanano, altre se ne vanno per sempre, e tu ti ritrovi a fare i conti con un vuoto che non avevi previsto. Ho perso molto, e prepararmi per l’esame mentre cercavo di tenere in piedi me stessa è stato uno sforzo enorme. C’erano giorni in cui aprire un libro sembrava inutile, in cui la testa era altrove, piena di pensieri che facevano troppo rumore. Mi ero immaginata questo giorno in modo diverso. L’avevo sognato tante volte, con accanto volti che oggi non ci sono più. Ma poi ho guardato intorno e ho visto chi è rimasto. I miei genitori, che mi hanno sostenuta anche quando non riuscivo a dire una parola. Gli amici veri, quelli che ti fanno sentire che anche nei giorni più brutti non sei sola. Questa maturità non è stata solo una prova scolastica. È stata una sfida personale. Ho imparato a rialzarmi, a restare in piedi anche quando dentro tutto sembrava crollare. E anche se oggi non riesco a festeggiare come avrei voluto, so che c’è qualcosa di più profondo da festeggiare: me stessa, e tutto quello che sono riuscita a fare nonostante tutto. Ora si apre una nuova strada. Non so ancora dove porterà, ma per la prima volta dopo tanto tempo sento di potermela costruire davvero, un passo alla volta. PS: Sannazaro un pochettino mi mancherai!
Ed eccoci qui. Ci siamo. L’ultimo giorno. Quello che per anni abbiamo aspettato, sognato, immaginato… E che adesso, contro ogni previsione, ci spezza un po’ il cuore. Se ci guardiamo indietro, tutto sembra lontanissimo. I nostri primi due anni non sono stati quelli classici da “inizio del liceo”. Niente risate nei corridoi, niente chiacchiere tra i banchi, niente “piacere, io sono…” detti guardandosi negli occhi. Noi ci siamo conosciuti attraverso uno schermo, nascosti dietro microfoni spenti, cuffie mezze rotte e connessioni traballanti. Era il tempo del Covid, e quel tempo sembrava davvero sospeso. Una classe grande, dispersa, piena di gruppetti e di silenzi. A dirla tutta, non sembravamo nemmeno una vera classe. Eppure, qualcosa è cambiato. Forse è stato il ritorno in presenza, o forse è stato solo il tempo , quello vero, che scorre tra i giorni, i sorrisi e gli sguardi. Abbiamo cominciato a conoscerci davvero. A scoprirci. Piano piano, siamo diventati qualcosa di più. Una piccola famiglia. Oggi non siamo più numerosi come all’inizio. Alcuni se ne sono andati, altri sono arrivati. I gruppetti si sono sciolti, i silenzi si sono trasformati in confidenze. E ognuno di noi è diventato una spalla, un punto fermo, un rifugio per qualcun altro. Abbiamo vissuto tantissimo insieme. Le prime cotte, le prime delusioni che sembravano la fine del mondo. Le ansie prima delle interrogazioni, le risate soffocate durante le spiegazioni, i primi 18esimi, i viaggi, le litigate. Ci siamo supportati quando eravamo sull’orlo di una crisi, ci siamo sopportati nei giorni peggiori. Abbiamo imparato a convivere con i nostri difetti, ad apprezzare le stranezze degli altri, a volerci bene senza neanche rendercene conto. E ora che questo capitolo finisce, ci sentiamo un po’ spaesati. Perché anche se ci siamo lamentati mille volte , delle verifiche, dei prof, delle mattine troppo presto, questa scuola è stata casa. E queste persone sono state casa. Non faremo più assenze di massa. Non saremo più in quattro in classe perché “oggi interrogano”. Non ci organizzeremo più per copiare, per poi prendere lo stesso un 2 o un 3 ( E si! Non eravamo in grado nemmeno di fare questo). Non ci vestiremo più per la settimana dello studente, non faremo più sondaggi sul gruppo, non ci insulteremo affettuosamente ogni mattina. Non impazziremo più per cercare di far quadrare il calendario delle interrogazioni. E, soprattutto, non rideremo più insieme come facevamo qui. Non vedremo più i professori disperati a rincorrere il trio Tempest, che fuggiva dalla classe per non essere interrogato. Non passeremo più mezz’ora nei bagni sperando che il nostro nome non venga mai pronunciato. Non ci dispereremo più per recuperare mille capitoli di storia e filosofia in una notte. Non rideremo più per un cinque, sì, un cinque! Preso con orgoglio a una versione impossibile di latino o greco. Non usciremo più prima da scuola con scuse assurde pur di evitare un’interrogazione. Non ci inventeremo più strategie per non essere interrogati. Non ci saranno più quelle mattinate caotiche, rumorose, sbagliate e perfette… fatte solo da noi. Siamo cresciuti. Senza quasi accorgercene. Siamo diventati grandi, forse più in fretta di quanto avremmo voluto. E anche se ognuno prenderà la propria strada, ci porteremo sempre addosso un pezzo di questi anni, di questa classe, di questa versione di noi che solo qui è potuta esistere. Ce lo siamo detti tante volte: “non vedo l’ora che finisca”. Ed eccoci. È finita davvero. Ma nessuno ci aveva avvisati che sarebbe stato così difficile dire addio. Oggi finisce il nostro viaggio insieme. Ma resteranno sempre i ricordi, le risate, le paure condivise e quella complicità che non sparirà mai. Perché certe persone, certi legami, non se ne vanno. Restano con noi, in un modo o nell’altro. E anche se la campanella non suonerà più per chiamarci in classe, dentro di noi… continuerà a suonare ogni volta che penseremo a “noi”. VH❤️